Dal neolitico all'epoca romana

Le più antiche attestazioni di una certa consistenza della presenza umana in Pianura Padana risalgono al V millennio a.C., quando, con l’età neolitica, si verificò il processo evolutivo che comportò il graduale passaggio da un approvvigionamento alimentare derivato dalla caccia e dalla raccolta dei frutti ad un’economia basata sull’agricoltura semistanziale e sull’allevamento.

In questa fase gli abitati di capanne, posti preferibilmente su bassi rilievi ricoperti da querceto misto, in prossimità di depressioni paludose e canneti, non costituivano probabilmente insediamenti stabili, ma avevano carattere temporaneo. Nella zona orientale della Pianura Padana si diffuse la Cultura del Vhò di Piadena, le cui attestazioni sono particolarmente significative nel cremonese e nel mantovano, in particolare nella zona di Piadena (CR), che ha dato il nome alla facies stessa, ove sono stati rinvenuti insediamenti neolitici in diverse località. La comparsa dei primi oggetti in metallo (piccoli coltelli ed asce) nel III millennio a.C. segna il passaggio al Calcolitico (o età del rame). In questo periodo ebbe luogo un ulteriore sviluppo della pastorizia e della coltivazione di frumento, farro, orzo, miglio. Rari sono i ritrovamenti di abitati pertinenti a questa età, mentre le documentazioni più cospicue derivano dallo scavo di sepolture. Proprio da una necropoli scoperta alla fine dell’Ottocento è derivato il nome della Cultura di Remedello, sviluppatasi tra i fiumi Oglio e Chiese. A questo orizzonte culturale è attribuibile la più antica testimonianza rinvenuta nel territorio di Calvatone: una tomba scoperta nel 1959 sotto il pavimento di una domus romana, usualmente indicata come “Casa del Labirinto”, all’interno della quale era deposto il defunto in posizione rannicchiata sul fianco sinistro, senza oggetti di corredo. 



Durante l’età del bronzo (1800-800 a.C.) l’incremento e la differenziazione delle attività produttive determinò importanti cambiamenti sia nella composizione sociale delle comunità che nel controllo e nella trasformazione dell’ambiente naturale. L’agricoltura divenne sempre più redditizia grazie all’adozione dell’aratro a trazione animale ed all’introduzione della rotazione delle colture e della concimazione. Altrettanto significativo fu lo sviluppo delle attività artigianali, dalla produzione di manufatti in ceramica, metallo, osso e corno alla tessitura. Nel Bronzo Antico (1800-1600 a.C.) si diffuse in gran parte dell’Italia settentrionale la Cultura di Polada (che prende il nome da una torbiera nei pressi di Lonato), le cui più interessanti testimonianze in ambito abitativo sono costituite dagli insediamenti palafitticoli su antichi bacini lacustri o su isole fluviali. Nel corso del Bronzo Medio e Recente (1600-1200 a.C.) si verificò un notevole incremento demografico ed una intensa diffusione degli abitati palafitticoli e terramarico li. A questa facies appartiene anche l’abitato costituito da capanne di for-ma ovale rinvenuto nel 1919-1920 (ed oggetto di ulteriori saggi nel 1994) a Calvatone, in località Fondo Cassio, nei pressi del Dugale Delmona e dell’area denominata Costa di S. Andrea, ove si trova il vicus romano di Bedriacum. Attorno al 1200 a.C. all’inizio del Bronzo Finale (1200-800 a.C.) gli insediamenti palafitticoli-terramaricoli vennero quasi improvvisamente abbandonati e la zona tra l’Oglio ed il Mincio divenne pressoché spopolata. Questo repentino cambiamento, un tempo attribuito ad un peggioramento delle condizioni climatiche, più recentemente è stato ricondotto a fenomeni di instabilità provocati dal sopraggiungere di nuove popolazioni. La sporadicità dei ritrovamenti della prima età del ferro (800-400 a.C.) tra il corso dell’Adda e l’area veronese non consente di tracciare un quadro esaustivo per questa fase. Si segnalano tuttavia nel mantovano le attestazioni pertinenti alla cultura veneta e, a partire dalla fine del VI sec. a.C., le testimonianze della presenza etrusca lungo il corso del Mincio. In particolare l’abitato etrusco del Forcello, a Bagnolo San Vito (MN), si è rivelato un importante centro commerciale di prodotti provenienti dall’Etruria e dal Mediterraneo Orientale. Esso venne abbandonato all’inizio del IV sec. a.C. in seguito all’arrivo delle popolazioni celtiche provenienti dai territori transalpini. La Pianura Padana, tra i fiumi Oglio e Chiese ad ovest e Adige ad est, fu occupata dalla tribù dei Cenomani, giunti in Italia, secondo il racconto di Livio, immediatamente dopo gli Insubri. I Cenomani, a differenza delle altre popolazioni celtiche, instaurarono ben presto rapporti di collaborazione con i Romani; combatterono infatti come loro alleati durante le guerre intraprese nel III-II sec. a.C. per l’assoggettamento dell’Italia settentrionale. È interessante l’ipotesi che il nome del vicus di Bedriacum derivi dalla romanizzazione di un termine celtico, derivato dal termine “bhebros” che significa castoro. Che vi fosse un rapporto stretto tra i Celti e questo grosso roditore è probabile, dato che il castoro era diffuso in tutta Europa. Questo animale era probabilmente utilizzato sia come fonte di cibo che per la sua calda pelliccia. È, infine, interessante ricordare che il castoro Castor fiber si è estinto in Pianura Padana intorno al 1600 e le ultime segnalazioni sono riferite al delta del Po. Al fine di rafforzare il controllo sulla Pianura Padana i Romani fondarono nel 218 a.C. le colonie latine di Piacenza e Cremona. Ciò comportò non solo l’arrivo di coloni nei centri abitati, ma anche una progressiva modificazione dei territori circostanti, con la suddivisione in appezzamenti regolari (centuriazione), l’avvio di opere di bonifica, di disboscamento e di organizzazione del sistema idrico e viario. Un intervento particolarmente significativo in tal senso fu la costruzione nel 148 a.C., per iniziativa del console Spurio Postumio Albino, della via Postumia, che univa i porti di Genova ed Aquileia, attraversando molti importanti centri dell’Italia settentrionale (Tortona, Piacenza, Cremona, Verona, Vicenza, Oderzo). Nata per scopi strategico-militari, la via Postumia divenne rapidamente un fondamentale asse commerciale, contribuendo alla diffusione della civiltà romana ed alla trasformazione culturale ed economica delle zone attraversate. In concomitanza con la costruzione della grande via consolare venne fondata nella seconda metà del II sec. a.C. la piccola città di Bedriacum, sorta a breve distanza dall’attuale abitato di Calvatone, in località Costa di S. Andrea. Il vicus di Bedriacum, noto dalle fonti scritte per gli scontri militari tra gli eserciti romani verificatisi nel 69 d.C., sorgeva in un punto nodale della via Postumia, dove il tracciato viario si biforcava proseguendo in direzione nord-est verso Verona e a sud-est verso Mantova-Ostiglia. L’abitato si sviluppò su un dosso ai margini della valle dell’Oglio, che in età romana scorreva più a sud rispetto all’alveo attuale, fino a lambire l’area della Costa di S. Andrea. La vicinanza di vie terrestri e fluviali, assi privilegiati per il trasporto di merci, determinò lo sviluppo di Bedriacum come centro di produzione locale e di smistamento commerciale. Attraverso l’Oglio ed il Po si potevano infatti facilmente raggiungere i più importanti porti dell’alto Adriatico, in particolare Adria ed Aquileia. Ciò spiega il ritrovamento a Bedriacum di numerosi prodotti di importazione orientale ed il mantenimento di una condizione di benessere anche nel corso del III e IV sec. d.C., quando l’Italia settentrionale fu interessata dal degrado della rete viaria e da un significativo ristagno commerciale. Gli scavi hanno portato alla luce una parte dell’abitato, con settori a destinazione pubblica (strade e botteghe) e residenze private, mentre rimane ancora incerta l’ubicazione della necropoli. Tra i materiali rinvenuti, oltre all’ingente quantità di oggetti relativi alla vita quotidiana, si segnalano la statua in bronzo della Vittoria alata ritrovata nel 1836 e la mensa ponderaria 6 in pietra rossa di Verona, scoperta nella campagna di scavo del 1998. La situazione di forte degrado e di instabilità del V-VI sec. d.C. determinò la decadenza e l’abbandono del piccolo centro di Bedriacum. Infine, in seguito all’arrivo dei Longobardi nel VII sec. d.C., il territorio di Cremona, che non divenne sede di ducato, venne parzialmente suddiviso ed annesso ai ducati di Bergamo e Brescia.

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