Tag: riserva

Bioblitz autunnale 2023

Bioblitz autunnale a Le Bine! Con inanellamento e visite guidate. Domenica 22 ottobre, inizio alle 8

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La nidificazione del falco pecchiaiolo a Le Bine

E' stato recentemente pubblicato sulla rivista "Pianura" edita dalla Provincia di Cremona, un breve articolo a firma di Francesco Cecere, Andrea Agapito Ludovici e Simone Ravara, sulla nidificazione del Falco pecchiaiolo nella riserva naturale Le Bine nel 2018.

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Le catture delle trappole fotografiche la vita a Le Bine quando noi dormiamo o semplicemente non ci siamo.

Le catture di alcune trappole molto speciali...

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Le catture delle trappole fotografiche la vita a Le Bine quando noi dormiamo o semplicemente non ci siamo.

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Dal medioevo ai nostri giorni

Maggiori notizie su Le Bine e zone limitrofe vi sono dal Medioevo, quando nei territori limitrofi all’odierna Riserva naturale nacquero centri religiosi come il Monastero di S. Tommaso in Acquanegra sul Chiese e a Calvatone il Monastero dei Francescani minori osservanti di S. Maria.

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Studi e ricerche sugli uccelli

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Studi e ricerche sugli Insetti

Qui trovate le nostre ricerche sugli insetti

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Studi e ricerche per la gestione de Le Bine

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Progetti per il nuovo anno scolastico

Natura, biodiversità  e scienza sono il tema principale delle nostre attività , impostate in maniera differente a seconda delle diverse fasce d'età .

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A Le Bine con microscopi e bussole

Un approccio al mondo naturale e rurale in maniera divertente con molta attenzione al rigore scientifico, alle relazioni ed alla sostenibilità.

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Alfabeto de Le Bine

Una passeggiata che unisce natura e uso dell'italiano e delle "parole difficili"

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Il folletto binetto

Una visita nella Riserva si può trasformare in un’ottima occasione per scoprire il mondo naturale con un approccio legato al mondo delle favole.

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Flora e vegetazione

La flora e la vegetazione di Le Bine sono state oggetto di studio e monitoraggio fin dal 1984, attraverso censimenti floristici, secondo l’inquadramento sistematico del Pignatti (1982) e l’utilizzo del metodo fitosociologico per il rilievo della vegetazione (Braun-Blanquet, 1979). Il monitoraggio delle dinamiche evolutive è stato anche assicurato dalla definizione di 23 quadrati permanenti (aree di superficie nota dove periodicamente vengono svolti rilievi, molto utili per valutare l’evoluzione della vegetazione negli anni), di superficie compresa tra 25 e 1.100 mq distribuiti nella Riserva. I quadrati permanenti sono stati rilevati 1-2 volte per anno, sempre nello stesso periodo (a maggio e ad agosto-settembre) per evitare sfasamenti fenologici che possano determinare differenze significative. Nella Riserva sono ad oggi state censite 329 specie di piante vascolari; nel 1999 e 2000 sono state rilevate 291 specie, di cui 31 rinvenute per la prima volta, mentre non sono state rilevate 70 specie di quelle censite nelle ricerche precedenti. Si stima che circa il 60% di queste sia da attribuire a difetti di ricerche, mentre il restante 40% potrebbe non essere più presente a Le Bine.

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I ragazzi che piantavano gli alberi

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[***]

I ragazzi della 1° B della Fondazione Minoprio impeganti nella forestazione della Riserva naturale e fattoria didattica Le Bine nel Parco Oglio Sud, tra le province di Cremona e Mantova. Il video è stato realizzato grazie ad un contributo del Parco Oglio Sud ed è giunto al 2° posto nel concorso regionale “Nei parchi per un anno – Dall’EXPO al PO”, del 2014.
Obiettivo del concorso di quest'anno era quello di arricchire i percorsi delle aree protette con contenuti inediti, che potranno essere utilizzati per un prodotto multimediale di presentazione del Sistema Parchi lombardo per chi visiterà le aree protette durante EXPO 2015.
All’evento sono state invitate le 11 classi vincitrici, selezionate da una apposita giuria, che hanno aderito alla 17° edizione del Programma Didattico Sistema Parchi visitando un’area protetta regionale e raccontandola con degli elaborati.

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Studi e ricerche su anfibi e rettili

– Agapito Ludovici A., 1982 – Osservazioni naturalistiche all’Oasi WWF di Le Bine (CRMN). La Rana di Lataste (Rana latastei). Quad.1/82. WWF Lombardia Milano. 1-3.
– Agapito Ludovici A., 1987 – Anfibi e rettili. In: Agapito Ludovici A., Marchetti F., Seghetti C., 1987: Le Bine. Studi e ricerche (1980-86) – Quad.4/87. WWF Lombardia Milano: 1-128.
– Agapito Ludovici A., Colli M., 2000 – Status della popolazione di Rana latastei nella Riserva naturale Le Bine (CR-MN). In: Atti I Congresso nazionale Società Herpetologica Italiana (Torino, 1996). Museo regionale di Scienze Naturali, Torino: 721-725.
– Cecere F., Ghidoni M., Perlini S., 2001  Azioni del Parco Oglio Sud per la conservazione della rana di Lataste Rana latastei. Atti 3° Congresso nazionale S.H.I. (Pavia, 2000), Pianura, 13: 189-191.
– Ferri V., 1990 – Relazione sullo status degli anfibi nella Riserva naturale Le Bine: 1-29 (ined.).
– Ferri V., Agapito Ludovici A., Schiavo R.M., 1992  Problematiche di gestione delle popolazioni di Rana latastei delle riserve naturali lombarde di Monticchie e Le Bine. Quad. Civ. Staz. Idrobiol., 19. Milano: 131- 139.

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Studi e ricerche in geologia

– Messora V., 1999 – Valutazione litologica ed economica del materiale inerte di possibile estrazione: 1-13 (ined.).
– Scotti A., 1992 – Riserva naturale Le Bine. Relazione geologica e idrogeologica: 1-143 (ined.).

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Qualità  biologica del suolo

Ma cosa abbbiamo sotto i piedi? Cosa calpestiamo andando nel bosco? Lo scopriremo insieme!

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Qualità  biologica del suolo

Ma cosa abbiamo sotto i piedi? Cosa calpestiamo camminando in un bosco? Lo scopriremo insieme!

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Il bosco delle rane rosse

Alla scoperta della biodiversità. Faremo uscite nelle ore più disparate (anche di notte)....

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Il taccuino dell'avventura

Quante tracce riuscite a trovare nel prato? E quanti canti....

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Folletto binetto

Una visita a Le Bine si può trasformare in un’ottima occasione per scoprire il mondo naturale con un approccio legato al mondo delle favole.

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Uccelli

Premessa Sono note oltre 9.600 specie (Sibley e Monroe, 1990) che hanno colonizzato praticamente tutti gli ambienti terrestri e costieri del pianeta. È uno dei gruppi di vertebrati maggiormente studiati soprattutto in Europa e attualmente è possibile avere delle attendibili check-list nazionali con indicazioni degli andamenti delle popolazioni specifiche. Inoltre l’analisi della comunità ornitica può dare delle buone indicazioni sullo stato di conservazione e sulla gestione di un’area. In Italia sono presenti 500 specie, comprese 33 introdotte, 33 accidentali e 39 esotiche importate (Brichetti e Massa, 1999) alcune delle quali sedentarie, mentre molte altre sono presenti per periodi limitati (riproduzione, svernamento, migrazione, estivazione, presenza accidentale). A Le Bine gli studi sono cominciati negli anni ’70 con soli censimenti qualitativi per poi essere integrati da altre metodologie che hanno permesso la definizione di un quadro abbastanza preciso dell’evoluzione della comunità. Dal 1999 è stata avviato un progetto di monitoraggio, ancora in corso, mirato alla comunità dei nidificanti. Dal 2007 al 2013 si è aggiunto uno studio basato sull'inanellamento. In inverno Le Bine viene censita grazie allo specifico progetto sul censimento degli uccelli svernanti coordinato dal Parco Oglio Sud.

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Mammiferi

La classe dei Mammiferi comprende in Italia 102 specie (escluse le marine) (Amori et al., 1993). È il gruppo che comprende gli animali di taglia maggiore e spesso difficili da osservare. È una classe molto eterogenea per dimensioni, alimentazione e ambienti frequentati. Per quanto riguarda i mammiferi, risulta ben indagata la comunità dei terrestri, mentre ulteriori indagini sarebbero utili per conoscere più approfonditamente i pipistrelli. La Riserva naturale Le Bine è stata oggetto, fin dalla sua istituzione, di diversi studi riguardanti in particolare la comunità dei micromammiferi (i piccoli roditori e i toporagni) e la raccolta di dati è proseguita fino ad oggi, seppure in modo non continuo, coprendo un arco di molti anni.

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Anfibi e Rettili

In Italia sono presenti 37 specie di anfibi e 58 di rettili, costituendo un piccolo gruppo poco conosciuto al grande pubblico cui anzi spesso suscita paura e diffidenza. Tra questi vi è la rana di Lataste, specie endemica della pianura padano-veneta, segnalata dall’Unione Europea come specie da tutelare mediante azioni specifiche, e scelta anche come simbolo della Riserva dato il carattere emblematico e peculiare che riveste ai fini conservazionistici. La presenza di una abbondante popolazione di questo anfibio era stata messa in luce negli anni ’70 prima da una pubblicazione del WWF Lombardia (Agapito Ludovici, 1982) e successivamente da un volume edito in Gran Bretagna sullo stato degli anfibi e rettili in Europa (Corbett, 1989). Gli anfibi e rettili sono stati oggetto di diverse indagini specifiche soprattutto in relazione alla rana di Lataste Rana latastei. Sono state utilizzate diverse metodologie di ricerca tra cui l’ascolto del canto per alcuni anfibi e i censimenti a vista.

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Aracnidi araneidi

I ragni (Arachnida, Araneae) sono i predatori più diffusi nelle comunità di invertebrati terrestri (circa 50.000 specie descritte), hanno colonizzato tutti gli ambienti terrestri dove la vita per gli artropodi è possibile ed anche alcuni ambienti acquatici, dalle regioni artiche a quelle desertiche. Le ricerche, promosse dal WWF, si sono svolte dal 1998 al 2000.

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Molluschi

La malacofauna terrestre e d’acqua dolce italiana è composta da 618 specie, 594 delle quali appartenenti ai Gasteropodi e 24 specie ai Bivalvi (Manganelli et al., 2000). Rappresentano un gruppo faunistico ecologicamente (es. specie igrofile, xerofile, erbivore, detritivore, carnivore...) e biologicamente (es. specie vivipare, ovipare...) eterogeneo, che per questo ben si presta a fornire indicazioni di tutela e gestione ambientale. Nella Riserva naturale Le Bine sono state effettuate diverse indagini dal 1986 in poi.

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Ringraziamenti

La maggior parte dei testi utilizzati in questo sito sono tratti dal volume "La Conservazione di una zona umida - la riserva naturale Le Bine, trent'anni di gestione (1972-2002)" a cura di Andrea Agapito Ludovici e Francesco Cecere. Edito dal Parco Oglio Sud in collaborazione con il WWF e con il contributo dell'Amministrazione provinciale di Mantova. Per riceverne una copia contattare Francesco Cecere, tramite l'apposito form di contatto.
Sono state inoltre utilizzate le schede e il materiale per la didattica e gli studi realizzati dopo la pubblicazione del volume.

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Rassegna stampa

In questa sezione abbiamo inserito alcuni articoli su Le Bine pubblicati sulla stampa locale.

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Tutela e gestione

La conservazione dell’ambiente naturale palustre è il principale filo conduttore della tutela di Le Bine. Le numerose indagini svolte dalla fine degli anni settanta hanno consentito l’individuazione dei cambiamenti ambientali in atto (estinzione di alcune specie e comparsa di altre, dinamiche di popolazione, ecc.) e delle caratteristiche ecologiche emergenti 20 . Fin dall’inizio è apparso chiaro che la conservazione del patrimonio biologico di questa palude, come per molte altre zone simili, fosse direttamente condizionato dal contesto territoriale in cui è inserita. Si tratta, infatti, di un lembo relitto nella Pianura Padana, uno dei territori maggiormente antropizzati dell’intera Europa. L’isolamento, l’esiguità dell’area naturale, le caratteristiche dinamiche ed evolutive tipiche delle zone umide (es. processi di interramento, esondazioni, ecc.) e l’inquinamento di specie esotiche invasive, sono tra le cause principali della vulnerabilità del patrimonio biologico di Le Bine.

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Agricoltura

L’area di rispetto della Riserva è quasi interamente occupata da colture arboree, da un frutteto e da un piccolo orto.

Il passaggio da un’azienda con più colture (seminativi, vigneto, pioppeto) ad una conduzione pressoché monospecifica con impianti a pioppo è avvenuta negli anni ’50. 
Fino al 2000 la gestione del pioppeto si è svolta con un impostazione tradizionale: nessuna rotazione fra i turni di coltivazione (circa decennali), ampio ricorso alle lavorazioni meccaniche del terreno (che determinano la frantumazione e il rimescolamento del primo strato di suolo) e trattamenti a calendario per contrastare alcuni insetti (in particolare Saperda carcharias, un coleottero che negli stadi larvali si sviluppa in gallerie scavate nel tronco dei pioppi). In uno studio commissionato dal WWF redatto nei primi anni ’90, si erano ipotizzati alcuni interventi (inseriti poi nel primo piano di gestione della Riserva) per ridurre l’impatto ambientale della pioppicoltura, rimasti però sostanzialmente lettera morta, a causa dei non ancora definiti rapporti con la proprietà su queste problematiche. 
Nel 2000, grazie alla disponibilità dell’azienda agricola proprietaria dell’area e con la promozione del Progetto Agricoltura del Parco Oglio Sud, è stato possibile adottare alcune delle misure previste e attuarne di nuove. In particolare, è stata posta molta attenzione all’uso di prodotti di sintesi per la pioppicoltura ed alle lavorazioni meccaniche dei terreni. Rispetto all’insetticida normalmente usato (un organofosforico a base di clorpirofos metile e di cipermetrina) per contrastare la presenza di Saperda carcharias, nei primi anni di vita delle piante, si è adottato un metodo di distribuzione che prevede una drastica riduzione delle quantità distribuite e una trascurabile dispersione nell’ambiente (dall’uso di circa 1 litro di prodotto per 400 piante si è passati ad un litro per oltre 10.000 piante). 
Rispetto alle lavorazioni meccaniche invece si è stabilito di effettuare due lavorazioni/anno nel pioppeto più giovane ed una sola in quelli più maturi. Sempre per minimizzare l’impatto delle lavorazioni meccaniche si è previsto di effettuare le medesime operazioni a fasce alterne lavorate a distanza di 15 giorni.

Tutto questo fino al 2008 quando è stato tagliato l'ultimo lotto di pioppeto estensivo. Da allora le uniche coltivazioni a Le Bine sono state quelle arboree ad eccezione di un frutteto di circa 5.000 mq messo a dimora nel 2010 e di un orto di circa 5.000 mq. Entrambi utilizzati per le necessità dell'agriturismo e per i quali è stato avviato l'iter per il riconoscimento come colture biologiche. Per l'orto il processo di certificazione è stato completato nel 2012 per il frutteto lo è diventato nel luglio del 2013.

Il frutteto è stato realizzato con vecchie cultivar (varietà) locali o meglio tipiche della pianura.

Negli inverni 2011-'12 e 2012-'13 sono stati realizzati altri rimboschimenti in buona parte con i fondi del Piano Sviluppo Rurale, in misura minore con un contributo della COOP Italia al WWF che contribuiranno ad aumentare la parte forestata della riserva.

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Aspetti geologici

Aspetti geologici, pedologici, idrologici

Geologicamente la Pianura Padana è un bacino subsidente colmato con sedimenti prevalentemente terrigeni del Pliocene-Quaternario provenienti dall’erosione delle Alpi e degli Appennini. Nel contesto territoriale in cui è inserita Le Bine, sono state effettuate da parte dell’Agip, prevalentemente nel secondo dopoguerra (anni ’40-’50) molte perforazioni che hanno messo in evidenza una dorsale regolare, lunga 35 km, con asse orientato NO-SE con forte inflessione verso N-NO nella porzione occidentale e S-SE in quella orientale. Ciò potrebbe spiegare l’andamento attuale dell’Oglio nel tratto inferiore, sospinto ad est e subparallelo al Po. Dalla stratigrafia dei pozzi Piadena 5 e Piadena 18 si è potuto rilevare l’esistenza di una serie di grosse bancate sabbiose fino ad oltre 2.500 m di profondità, corrispondenti al Quaternario marino ed al Pliocene superiore. Dal Pliocene superiore a quello inferiore la serie risulta più varia, con prevalenza di livelli argillosi cui sono intercalati irregolari e discontinui livelli porosi. La zona in oggetto è interessata da alluvioni attuali e medio-recenti dell’Olocene costituite prevalentemente da depositi sabbioso-argillosi, con sporadiche intercalazioni di ghiaia, terrazzati e di poco sospesi sugli alvei attuali, tuttora esondabili. Dal punto di vista geomorfologico il territorio si presenta subpianeggiante, poco ondulato, leggermente degradante verso E o talora verso S-E. L’intera morfologia della zona in questione è dovuta all’incisiva azione del fiume Oglio (ed in parte del “canale” Delmona) che, seguendo un tipico andamento meandriforme, ha più volte cambiato il suo corso. La piccola parte di Riserva posta a sud dell’argine è caratterizzata da suoli moderatamente profondi a causa delle oscillazioni della falda intorno ai 100 cm, idromorfi, a drenaggio lento o molto lento; hanno buon contenuto di sostanza organica e sono poco evoluti, con scarsa differenziazione degli orizzonti. La restante zona, che fiancheggia la lanca all’interno dell’argine, è un’area golenale soggetta a periodiche inondazioni; i depositi sono calcarei, alcalini o subalcalini, con profili eterogenei, a granulometria variabile da limosa a sabbioso-limosa per il continuo apporto di sedimenti fluviali. I suoli sono profondi o moderatamente profondi, talvolta limitati da strati sabbiosi, drenaggio da buono a rapido; nei periodi di piena questi suoli possono essere interessati da una falda temporanea di subalveo. Il periodico apporto di sedimenti e la giovane età dei depositi non permettono lo sviluppo di orizzonti pedogenetici. Il livello delle acque della palude dipende essenzialmente dal fiume, che alimenta la zona umida attraverso alcune infiltrazioni sotterranee, favorite in alcuni punti dalla tessitura a strati del terreno. Appena sotto lo strato più recente di deposizione organica si alternano fasce a varia permeabilità: con prevalenza di sabbie, con sabbie miste ad argilla, con argilla, con sabbie miste a ghiaia. Rispetto alle esondazioni e alla loro probabile influenza sul patrimonio naturalistico della Riserva sono state avanzate alcune considerazioni. A partire dal 1993 si sono registrati cinque eventi alluvionali (1993, 1996, 1997, 2000, 2002) con intensità caratteristica di esondazioni che statisticamente ricorro-no con una frequenza superiore al decennio (il cosiddetto tempo di ritorno); si tenga inoltre presente che gli attuali regimi estivi di magra sono condizionati dall’abbassamento dell’alveo dell’Oglio testimoniato dall’emersione di parte delle fondamenta del ponte tra Calvatone ed Acquanegra sul Chiese. Questo aumento delle condizioni “estreme” tende a prolungare alcune condizioni sfavorevoli alla biocenosi palustre originaria: infatti, a seguito delle piene, i tempi d’inondazione si sono prolungati in ampie aree che precedentemente erano meno soggette a questo fenomeno; i periodi di magra sembrano prolungarsi e, a causa del letto del fiume più basso di quello della palude, tendono ad accentuare il drenaggio delle ac-que favorendo fenomeni di ruderalizzazione 7 soprattutto della vegetazione. Sembra che sia riferibile a queste condizioni idrologiche la ridotta ripresa del canneto (fragmiteto) avvenuta nel 2001 e la quasi totale scomparsa della vegetazione a Ceratophyllum demersum che si è registrata dal 1999: tale situazione sembra confermata dal fatto che alcuni stagni compresi nell’area protetta, ma situati oltre gli argini maestri e quindi fuori dal diretto influsso del regime fluviale, non presentano questi problemi.

Nota: Per ruderalizzazione si intende un fenomeno di degrado ambientale dovuto ad un’intensa attività umana e che provoca un impoverimento di sostanza organica; si tratta per lo più di piccoli incolti utiliz-zati per l’abbandono di materiale inerte (calcinacci e rottami di origine edile), dominati da una vegeta-zione avventizia, con specie infestanti e comunque sinantropiche.

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Dall'epoca romana ai giorni nostri

Maggiori notizie su Le Bine e zone limitrofe vi sono dal Medioevo, quando nei territori limitrofi all’odierna Riserva naturale nacquero centri religiosi come il Monastero di S. Tommaso in Acquanegra sul Chiese e a Calvatone il Monastero dei Francescani minori osservanti di S. Maria.

Uno dei monasteri più importanti, che influì notevolmente sullo sviluppo di queste zone, fu quello di S. Giulia in Brescia, che aveva ricevuto dal re longobardo Desiderio e da principi e vescovi larghe donazioni di terreni che si estendevano dalla Valle Camonica alla pianura bresciana fino alle sponde dell’Oglio e del Po e da Piacenza a Sermide e Gonzaga. Molti di questi possedimenti furono in seguito ceduti dal monastero alle popolazioni locali, così il 2 ottobre 1462, la comunità di Calvatone entrò in possesso di un “bunchiello” (imbarcazione) sull’Oglio poco lontano dal centro abitato. L’Oglio, che segnava il confine tra il ducato di Mantova e di Milano, formava tra Acquanegra sul Chiese e Calvatone un ampio meandro. A monte di quest’ansa, sulla sponda cremonese, c’era il porticciolo di Calvatone, un altro era ubicato un po’ più a valle, all’uscita del meandro, sulla sponda mantovana. Da una relazione datata 11 febbraio 1788, probabilmente scritta da un incaricato del governo austriaco, si viene a sapere che i due imbarcaderi, probabilmente in competizione tra loro per il trasporto di materiale, animali e uomini e per i relativi pedaggi imposti, avevano provocato una lunga serie di controversie tra Calvatone e le autorità. Tra il XVI e XVII secolo la superficie agraria calvatonese era occupata in gran parte da campi coltivati di vario genere, da vigneti e da prati. Per il resto vi erano incolti, pascoli e boschi; questi ultimi, in maggioranza saliceti (con pioppi ed ontani), venivano “gabbati”, cioè potati per evitare che si sviluppassero troppo in altezza e per utilizzare i rami elastici e sottili delle “gabbe dei salici” per operazioni di legatura della vite.

Tra il 1714 ed il 1797, sotto il governo austriaco, furono eseguite numerose opere di regimazione delle acque. Parallelamente furono redatte numerose ed accurate carte catastali. L’intera ansa di “Le Bine” subì un’enorme modifica, documentata da una serie di mappe dal 1751 in poi. “Nel 1790-91 l’impresario di lavori pubblici Giovanni Battista Locatelli eseguiva il rettifilo del fiume Oglio, che correva a curve e svolte pericolosissime per i continui franamenti dell’argine. Così restava tutta sulla sponda destra quella parte del territorio comunale che si chiama Bine di Acquanegra la quale, posta tra l’Oglio vivo messo su un nuovo letto e l’Oglio morto, l’antico letto, è ora vicinissima a Calvatone cremonese e per tutte le ragioni le dovrebbe appartenere”. La mappa del 1751 ci mostra come l’Oglio seguisse ancora il vecchio corso; inoltre in questa cartina è disegnata la cascina di “Le Bine” (“cassina detta delle Bine”). Nel 1786 venne affidato a G.B. Locatelli, come sopra accennato, l’incarico di formare due rettifili in territorio di Acquanegra sul Chiese e Canneto sull’Oglio. Tre anni dopo vennero emesse delle disposizioni per garantire a Calvatone l’uso del porticciolo di Acquanegra sul Chiese, dato che quello del comune cremonese sarebbe rimasto isolato a causa della costruzione dei rettifili. Poco dopo iniziarono i lavori e nel 1795, come mostra la cartina eseguita da Federico Villa, era già stato costruito il canale che collegava le due estremità del meandro. La piantina successiva, del 1808, mostra l’Oglio più o meno come appare ancora ai nostri giorni: con il meandro abbandonato detto “Oglio morto”, che è la parte principale dell’attuale Riserva naturale.

Nel corso del XVII e XVIII secolo l’agricoltura padana andò verso un’evoluzione progressiva seguita di pari passo dal miglioramento del sistema irriguo. Vennero ampiamente diffuse le colture del gelso, le risaie, i prati artificiali, asciutti ed irrigui, le foraggere, la canapa ed il lino. Alla fine dell’800 alcune zone di Calvatone furono prosciugate, come av-venne per la Regona, un’ampia zona umida acquitrinosa, che fu “salvata dalle acque sorgive”; anche l’“Oglio morto” sarebbe dovuto essere bonificato “per migliorare la salute pubblica”. Scrive infatti Sanfelice nel 1909: “..la bonifica cioé il prosciugamento dell’Oglio morto, è, e sarà – Dio sa per quanto tempo – un pio desiderio essendo la palude di proprietà privata e la popolazione calvatonese ne subirà i miasmi mefitici ed i danni igienici per secoli e secoli”. È passato quasi un secolo e le cose sono molto cambiate: le paludi non sono piu considerate luoghi “mefitici”, ma è stata riconosciuta la loro importanza da un punto di vista idrogeologico, naturale e culturale. Esse sono infatti rari relitti, testimoni di un passato ambientale ormai scomparso: per fortuna le speranze del Sanfelice, peraltro comprensibili per il suo tempo, non si sono concretizzate. Nell’area delimitata dal meandro e dal fiume si sono succedute diverse coltivazioni agricole fino agli attuali impianti a pioppo. Vi è ancora la cascina che ha subito diverse modifiche nel tempo e che deve l’origine del suo nome a bina “che in Lombardia significa “riparo, palafitta e chiusa’”.

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Come visitare Le Bine

L'ingresso a Le Bine è aperto tutto l'anno ed è gratuito. Se venite in auto dovete lasciarla all'ingresso della riserva nel piccolo parcheggio del ristorante "La zanzarina d'oro" e poi entrare a piedi. Chiediamo solo di entrare avendo rispetto di quello che si trova (animali, strutture...), di non lasciare il sentiero principale, di lasciare pulito e di tenere presente che si tratta di un posto privato, il cui mantenimento è effettuato con fondi propri, ma aperto al pubblico, che potreste trovare lungo i sentieri bambini, turisti, animali selvatici o domestici.

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