Francesco Cecere

Dati e date

Località: Le Bine;Comuni: Acquanegra sul Chiese (Mantova) – Calvatone (CR);Proprietà: privata;Coordinate: lat. 45°08’16”; long. 2°00’55” Ovest di Monte Mario;Altitudine: 24-26 m.s.l.m.;Superficie totale: ettari 96,7712 di cui 20,4619 di riserva naturale – 65,9562 di area di rispetto (sup. agraria coltivata, fabbricati rurale, strade poderali) – 10,3531 di area di rispetto facenti parte dell’area oggetto dell’intervento di […]

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Agricoltura

L’area di rispetto della Riserva è quasi interamente occupata da colture arboree, da un frutteto e da un piccolo orto.

Il passaggio da un’azienda con più colture (seminativi, vigneto, pioppeto) ad una conduzione pressoché monospecifica con impianti a pioppo è avvenuta negli anni ’50. 
Fino al 2000 la gestione del pioppeto si è svolta con un impostazione tradizionale: nessuna rotazione fra i turni di coltivazione (circa decennali), ampio ricorso alle lavorazioni meccaniche del terreno (che determinano la frantumazione e il rimescolamento del primo strato di suolo) e trattamenti a calendario per contrastare alcuni insetti (in particolare Saperda carcharias, un coleottero che negli stadi larvali si sviluppa in gallerie scavate nel tronco dei pioppi). In uno studio commissionato dal WWF redatto nei primi anni ’90, si erano ipotizzati alcuni interventi (inseriti poi nel primo piano di gestione della Riserva) per ridurre l’impatto ambientale della pioppicoltura, rimasti però sostanzialmente lettera morta, a causa dei non ancora definiti rapporti con la proprietà su queste problematiche. 
Nel 2000, grazie alla disponibilità dell’azienda agricola proprietaria dell’area e con la promozione del Progetto Agricoltura del Parco Oglio Sud, è stato possibile adottare alcune delle misure previste e attuarne di nuove. In particolare, è stata posta molta attenzione all’uso di prodotti di sintesi per la pioppicoltura ed alle lavorazioni meccaniche dei terreni. Rispetto all’insetticida normalmente usato (un organofosforico a base di clorpirofos metile e di cipermetrina) per contrastare la presenza di Saperda carcharias, nei primi anni di vita delle piante, si è adottato un metodo di distribuzione che prevede una drastica riduzione delle quantità distribuite e una trascurabile dispersione nell’ambiente (dall’uso di circa 1 litro di prodotto per 400 piante si è passati ad un litro per oltre 10.000 piante). 
Rispetto alle lavorazioni meccaniche invece si è stabilito di effettuare due lavorazioni/anno nel pioppeto più giovane ed una sola in quelli più maturi. Sempre per minimizzare l’impatto delle lavorazioni meccaniche si è previsto di effettuare le medesime operazioni a fasce alterne lavorate a distanza di 15 giorni.

Tutto questo fino al 2008 quando è stato tagliato l’ultimo lotto di pioppeto estensivo. Da allora le uniche coltivazioni a Le Bine sono state quelle arboree ad eccezione di un frutteto di circa 5.000 mq messo a dimora nel 2010 e di un orto di circa 5.000 mq. Entrambi utilizzati per le necessità dell’agriturismo e per i quali è stato avviato l’iter per il riconoscimento come colture biologiche. Per l’orto il processo di certificazione è stato completato nel 2012 per il frutteto lo è diventato nel luglio del 2013.

Il frutteto è stato realizzato con vecchie cultivar (varietà) locali o meglio tipiche della pianura.

Negli inverni 2011-’12 e 2012-’13 sono stati realizzati altri rimboschimenti in buona parte con i fondi del Piano Sviluppo Rurale, in misura minore con un contributo della COOP Italia al WWF che contribuiranno ad aumentare la parte forestata della riserva.

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Dall’epoca romana ai giorni nostri

Maggiori notizie su Le Bine e zone limitrofe vi sono dal Medioevo, quando nei territori limitrofi all’odierna Riserva naturale nacquero centri religiosi come il Monastero di S. Tommaso in Acquanegra sul Chiese e a Calvatone il Monastero dei Francescani minori osservanti di S. Maria.

Uno dei monasteri più importanti, che influì notevolmente sullo sviluppo di queste zone, fu quello di S. Giulia in Brescia, che aveva ricevuto dal re longobardo Desiderio e da principi e vescovi larghe donazioni di terreni che si estendevano dalla Valle Camonica alla pianura bresciana fino alle sponde dell’Oglio e del Po e da Piacenza a Sermide e Gonzaga. Molti di questi possedimenti furono in seguito ceduti dal monastero alle popolazioni locali, così il 2 ottobre 1462, la comunità di Calvatone entrò in possesso di un “bunchiello” (imbarcazione) sull’Oglio poco lontano dal centro abitato. L’Oglio, che segnava il confine tra il ducato di Mantova e di Milano, formava tra Acquanegra sul Chiese e Calvatone un ampio meandro. A monte di quest’ansa, sulla sponda cremonese, c’era il porticciolo di Calvatone, un altro era ubicato un po’ più a valle, all’uscita del meandro, sulla sponda mantovana. Da una relazione datata 11 febbraio 1788, probabilmente scritta da un incaricato del governo austriaco, si viene a sapere che i due imbarcaderi, probabilmente in competizione tra loro per il trasporto di materiale, animali e uomini e per i relativi pedaggi imposti, avevano provocato una lunga serie di controversie tra Calvatone e le autorità. Tra il XVI e XVII secolo la superficie agraria calvatonese era occupata in gran parte da campi coltivati di vario genere, da vigneti e da prati. Per il resto vi erano incolti, pascoli e boschi; questi ultimi, in maggioranza saliceti (con pioppi ed ontani), venivano “gabbati”, cioè potati per evitare che si sviluppassero troppo in altezza e per utilizzare i rami elastici e sottili delle “gabbe dei salici” per operazioni di legatura della vite.

Tra il 1714 ed il 1797, sotto il governo austriaco, furono eseguite numerose opere di regimazione delle acque. Parallelamente furono redatte numerose ed accurate carte catastali. L’intera ansa di “Le Bine” subì un’enorme modifica, documentata da una serie di mappe dal 1751 in poi. “Nel 1790-91 l’impresario di lavori pubblici Giovanni Battista Locatelli eseguiva il rettifilo del fiume Oglio, che correva a curve e svolte pericolosissime per i continui franamenti dell’argine. Così restava tutta sulla sponda destra quella parte del territorio comunale che si chiama Bine di Acquanegra la quale, posta tra l’Oglio vivo messo su un nuovo letto e l’Oglio morto, l’antico letto, è ora vicinissima a Calvatone cremonese e per tutte le ragioni le dovrebbe appartenere”. La mappa del 1751 ci mostra come l’Oglio seguisse ancora il vecchio corso; inoltre in questa cartina è disegnata la cascina di “Le Bine” (“cassina detta delle Bine”). Nel 1786 venne affidato a G.B. Locatelli, come sopra accennato, l’incarico di formare due rettifili in territorio di Acquanegra sul Chiese e Canneto sull’Oglio. Tre anni dopo vennero emesse delle disposizioni per garantire a Calvatone l’uso del porticciolo di Acquanegra sul Chiese, dato che quello del comune cremonese sarebbe rimasto isolato a causa della costruzione dei rettifili. Poco dopo iniziarono i lavori e nel 1795, come mostra la cartina eseguita da Federico Villa, era già stato costruito il canale che collegava le due estremità del meandro. La piantina successiva, del 1808, mostra l’Oglio più o meno come appare ancora ai nostri giorni: con il meandro abbandonato detto “Oglio morto”, che è la parte principale dell’attuale Riserva naturale.

Nel corso del XVII e XVIII secolo l’agricoltura padana andò verso un’evoluzione progressiva seguita di pari passo dal miglioramento del sistema irriguo. Vennero ampiamente diffuse le colture del gelso, le risaie, i prati artificiali, asciutti ed irrigui, le foraggere, la canapa ed il lino. Alla fine dell’800 alcune zone di Calvatone furono prosciugate, come av-venne per la Regona, un’ampia zona umida acquitrinosa, che fu “salvata dalle acque sorgive”; anche l’“Oglio morto” sarebbe dovuto essere bonificato “per migliorare la salute pubblica”. Scrive infatti Sanfelice nel 1909: “..la bonifica cioé il prosciugamento dell’Oglio morto, è, e sarà – Dio sa per quanto tempo – un pio desiderio essendo la palude di proprietà privata e la popolazione calvatonese ne subirà i miasmi mefitici ed i danni igienici per secoli e secoli”. È passato quasi un secolo e le cose sono molto cambiate: le paludi non sono piu considerate luoghi “mefitici”, ma è stata riconosciuta la loro importanza da un punto di vista idrogeologico, naturale e culturale. Esse sono infatti rari relitti, testimoni di un passato ambientale ormai scomparso: per fortuna le speranze del Sanfelice, peraltro comprensibili per il suo tempo, non si sono concretizzate. Nell’area delimitata dal meandro e dal fiume si sono succedute diverse coltivazioni agricole fino agli attuali impianti a pioppo. Vi è ancora la cascina che ha subito diverse modifiche nel tempo e che deve l’origine del suo nome a bina “che in Lombardia significa “riparo, palafitta e chiusa’”.

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Educazione ambientale negli anni

Le attività di educazione ambientale a Le Bine sono state promosse inizialmente dal WWF che le ha gestite direttamente per quasi trent’anni.
A partire dal 2003 queste sono promosse e gestite dall’azienda agricola Cecere con l’agriturismo Le Bine, in collaborazione con il WWF. Con il Parco Oglio Sud collobariamo nella progettazione e gestione di corsi di formazione per docenti e per incontri di presentaizone libri e seinsbilizzazione/informazione su temi a carattare naturalistico.

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Coleotteri Idroadefagi

Per Hydroadephaga s’intende un gruppo di famiglie di Coleotteri del sottordine Adephaga, a vita prevalentemente acquatica. Le prime ricerche promosse dal WWF sono state avviate nel 1996 e proseguite fino al 2000.

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Coleotteri Carabidi

Carabidi sono un eterogeneo gruppo d’insetti generalmente legati all’ambiente edafico. L’aspetto generale è caratterizzato da colorazioni scure, metalliche, con dimensioni variabili. Le ricerche su questo gruppo a Le Bine si sono svolte dal 1996 al 2000.

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Tricotteri

I Tricotteri sono insetti olometaboli (a metamorfosi completa) con larve e pupe acquatiche. Gli adulti possiedono due coppie di ali diseguali che gli conferiscono un volo piuttosto pesante. A Le Bine sono stati realizzati campionamenti con una lampada luminosa nel periodo giugno-luglio 1996.

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Ditteri culicidi

I Ditteri culicidi sono le comuni zanzare. Si tratta di insetti tipici di paludi ed acque stagnanti. A Le Bine è stata svolta una specifica indagine su questo gruppo nel 1997.

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Aracnidi araneidi

I ragni (Arachnida, Araneae) sono i predatori più diffusi nelle comunità di invertebrati terrestri (circa 50.000 specie descritte), hanno colonizzato tutti gli ambienti terrestri dove la vita per gli artropodi è possibile ed anche alcuni ambienti acquatici, dalle regioni artiche a quelle desertiche. Le ricerche, promosse dal WWF, si sono svolte dal 1998 al 2000.

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Come visitare Le Bine

L’ingresso a Le Bine è aperto tutto l’anno ed è gratuito. Se venite in auto dovete lasciarla all’ingresso della riserva nel piccolo parcheggio del ristorante “La zanzarina d’oro” e poi entrare a piedi.

Chiediamo solo di entrare avendo rispetto di quello che si trova (animali, strutture…), di non lasciare il sentiero principale, di lasciare pulito e di tenere presente che si tratta di un posto privato, il cui mantenimento è effettuato con fondi propri, ma aperto al pubblico, che potreste trovare lungo i sentieri bambini, turisti, animali selvatici o domestici.

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