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Pesci

A Le Bine non sono ancora state fatte indagini specifiche sui pesci e fino ad ora sono state determinate 13 specie. L’ittiofauna della palude è strettamente dipendente da quella del fiume e gli eventi alluvionali contribuiscono a frequenti cambiamenti o “rinnovi”. Si è osservato come lo stagno circolare vicino all’ingresso, isolato dal resto della palude, Questa facilità di diffusione favorisce soprattutto le specie esotiche, diverse delle quali (pesce gatto, persico sole, carassio, ecc.) sono presenti anche a Le Bine. Molte di queste specie alloctone sono state introdotte nei corsi d’acqua per fini alieutici e hanno creato e creano molti problemi alle specie autoctone sempre più rare. Tra le specie esotiche a maggior impatto c’è il siluro Siluris glanis, diffuso anche nell’Oglio.

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Aspetti geologici

Aspetti geologici, pedologici, idrologici

Geologicamente la Pianura Padana è un bacino subsidente colmato con sedimenti prevalentemente terrigeni del Pliocene-Quaternario provenienti dall’erosione delle Alpi e degli Appennini. Nel contesto territoriale in cui è inserita Le Bine, sono state effettuate da parte dell’Agip, prevalentemente nel secondo dopoguerra (anni ’40-’50) molte perforazioni che hanno messo in evidenza una dorsale regolare, lunga 35 km, con asse orientato NO-SE con forte inflessione verso N-NO nella porzione occidentale e S-SE in quella orientale. Ciò potrebbe spiegare l’andamento attuale dell’Oglio nel tratto inferiore, sospinto ad est e subparallelo al Po. Dalla stratigrafia dei pozzi Piadena 5 e Piadena 18 si è potuto rilevare l’esistenza di una serie di grosse bancate sabbiose fino ad oltre 2.500 m di profondità, corrispondenti al Quaternario marino ed al Pliocene superiore. Dal Pliocene superiore a quello inferiore la serie risulta più varia, con prevalenza di livelli argillosi cui sono intercalati irregolari e discontinui livelli porosi. La zona in oggetto è interessata da alluvioni attuali e medio-recenti dell’Olocene costituite prevalentemente da depositi sabbioso-argillosi, con sporadiche intercalazioni di ghiaia, terrazzati e di poco sospesi sugli alvei attuali, tuttora esondabili. Dal punto di vista geomorfologico il territorio si presenta subpianeggiante, poco ondulato, leggermente degradante verso E o talora verso S-E. L’intera morfologia della zona in questione è dovuta all’incisiva azione del fiume Oglio (ed in parte del “canale” Delmona) che, seguendo un tipico andamento meandriforme, ha più volte cambiato il suo corso. La piccola parte di Riserva posta a sud dell’argine è caratterizzata da suoli moderatamente profondi a causa delle oscillazioni della falda intorno ai 100 cm, idromorfi, a drenaggio lento o molto lento; hanno buon contenuto di sostanza organica e sono poco evoluti, con scarsa differenziazione degli orizzonti. La restante zona, che fiancheggia la lanca all’interno dell’argine, è un’area golenale soggetta a periodiche inondazioni; i depositi sono calcarei, alcalini o subalcalini, con profili eterogenei, a granulometria variabile da limosa a sabbioso-limosa per il continuo apporto di sedimenti fluviali. I suoli sono profondi o moderatamente profondi, talvolta limitati da strati sabbiosi, drenaggio da buono a rapido; nei periodi di piena questi suoli possono essere interessati da una falda temporanea di subalveo. Il periodico apporto di sedimenti e la giovane età dei depositi non permettono lo sviluppo di orizzonti pedogenetici. Il livello delle acque della palude dipende essenzialmente dal fiume, che alimenta la zona umida attraverso alcune infiltrazioni sotterranee, favorite in alcuni punti dalla tessitura a strati del terreno. Appena sotto lo strato più recente di deposizione organica si alternano fasce a varia permeabilità: con prevalenza di sabbie, con sabbie miste ad argilla, con argilla, con sabbie miste a ghiaia. Rispetto alle esondazioni e alla loro probabile influenza sul patrimonio naturalistico della Riserva sono state avanzate alcune considerazioni. A partire dal 1993 si sono registrati cinque eventi alluvionali (1993, 1996, 1997, 2000, 2002) con intensità caratteristica di esondazioni che statisticamente ricorro-no con una frequenza superiore al decennio (il cosiddetto tempo di ritorno); si tenga inoltre presente che gli attuali regimi estivi di magra sono condizionati dall’abbassamento dell’alveo dell’Oglio testimoniato dall’emersione di parte delle fondamenta del ponte tra Calvatone ed Acquanegra sul Chiese. Questo aumento delle condizioni “estreme” tende a prolungare alcune condizioni sfavorevoli alla biocenosi palustre originaria: infatti, a seguito delle piene, i tempi d’inondazione si sono prolungati in ampie aree che precedentemente erano meno soggette a questo fenomeno; i periodi di magra sembrano prolungarsi e, a causa del letto del fiume più basso di quello della palude, tendono ad accentuare il drenaggio delle ac-que favorendo fenomeni di ruderalizzazione 7 soprattutto della vegetazione. Sembra che sia riferibile a queste condizioni idrologiche la ridotta ripresa del canneto (fragmiteto) avvenuta nel 2001 e la quasi totale scomparsa della vegetazione a Ceratophyllum demersum che si è registrata dal 1999: tale situazione sembra confermata dal fatto che alcuni stagni compresi nell’area protetta, ma situati oltre gli argini maestri e quindi fuori dal diretto influsso del regime fluviale, non presentano questi problemi.

Nota: Per ruderalizzazione si intende un fenomeno di degrado ambientale dovuto ad un’intensa attività umana e che provoca un impoverimento di sostanza organica; si tratta per lo più di piccoli incolti utiliz-zati per l’abbandono di materiale inerte (calcinacci e rottami di origine edile), dominati da una vegeta-zione avventizia, con specie infestanti e comunque sinantropiche.

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Il clima

Inquadramento climatico generale

 

L’Oasi WWF Le Bine è inserita nel cuore del bacino padano, enorme catino aperto verso est e delimitato a nord dalla Catena alpina e a sud da quella appenninica. Ne deriva un clima a continentalità smorzata con caratteristiche intermedie tra il clima dell’Europa Centrale (clima mesotermo senza siccità estiva - Cfb secondo Koeppen), e il clima Mediterraneo (clima mesotermo con siccità estiva - Csa secondo Koeppen), (Strahler & Strahler 2005).

Essendo il bacino padano posto alle medie latitudini è esposto all’apporto di masse d’aria di origine diversa ed in particolare:

  • masse d’aria artica, fredda in tutte le stagioni e da cui l’area padana è relativamente protetta per l’azione delle Alpi
  • masse d’aria polare continentale di origine siberiana, la più fredda in assoluto in inverno
  • masse d’aria polare marittima che ha origine in Atlantico a circa 50-60° di latitudine Nord, mite in tutte le stagioni ma di norma più fredda dell’aria presente nel Mediterraneo, per cui il suo arrivo è in grado di originare discontinuità frontali
  • masse d’aria subtropicale, caldo torride in tutte le stagioni.

Tali masse d’aria possono giungere nella nostra area per effetto della circolazione atmosferica, che è classificabile secondo tipi circolatori caratteristici, fra i quali si rammentano in particolare i tipi anticiclonici (es: grandi aree anticicloniche, promontori anticiclonici), le saccature atlantiche (depressioni a forma di V associate alle grandi correnti occidentali), i cicloni del mediterraneo (es: ciclone di Genova) e le correnti di foehn innescate dall’interazione fra le grandi correnti occidentali e la catena delle Alpi.  La frequenza dei diversi tipi di tempo è fortemente variabile di anno in anno in quanto governata dalla circolazione atmosferica a macroscala; è possibile tuttavia osservare che in un anno si riscontrano grossomodo 180-200 giorni/anno di tempo anticiclonico e 80-90 giorni/anno di tempo ciclonico mentre i restanti giorni presentano caratteri di transizione fra ciclonico e anticiclonico (Ambrosetti et al., 2005).

Il regime termico mostra un minimo nel mese di gennaio e un massimo estivo nel mese di luglio. Le precipitazioni mostrano invece un massimo principale in ottobre ed un massimo secondario a maggio; molto interessanti dal punto di vista diagnostico si rivelano inoltre il minimo principale ricadente in inverno, sintomo dell’influsso del regime pluvimetrico oceanico dell’area centro-europea ed il minimo pluviometrico secondario in estate (luglio), segnale di mediterraneità. Da rilevare inoltre la buona piovosità propria dei mesi estivi di giugno ed agosto e che deriva dai frequenti episodi temporaleschi.

L’impronta più marcata al regime dei venti è data dalle circolazioni di brezza (venti deboli con componente diurna da est-sudest e componente notturna da ovest-nordovest) che interessano l’area nei 180-200 giorni di tempo anticiclonico con stabile e soleggiato. Venti da deboli a moderati in prevalenza da est-sudest caratterizzano invece le fasi di tempo perturbato (ciclonico) ed infine ventosità forte caratterizza le circolazioni di foehn, che insistono mediamente sull’area per 15-20 giorni l’anno (Ambrosetti et al., 2005).

Il regime della copertura nuvolosa manifesta due massimi in coincidenza con i massimi pluviometrici primaverili e autunnali e la vicinanza delle Alpi garantisce una consistente varietà di formazioni nuvolose che vanno dalle nubi basse (cumuli, strati, stratocumuli) a quelle medie (altocumuli, altostrati) a quelle alte (cirri, cirrocumuli e cirrostrati) dando luogo a paesaggi atmosferici di grande suggestione.

 

Analisi termo-pluviometrica sul periodo 1951-2009

Per questo lavoro si è considerato l’insieme delle stazioni meteorologiche che ricadono nel territorio della Lombardia cui si sono aggiunte alcune stazioni al contorno.  Si tratta di stazioni che per il periodo 1951 – 2007 afferiscono al dataset del progetto RICLIC-WARM * mentre dati aggiuntivi per il periodo 2008 e 2009 sono stati acquisiti dalla banca dati di CRA Cma riferita a stazioni meteorologiche del CRA stesso e del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica  Militare.

L’elaborazione eseguita sui dati giornalieri del dataset in questione ha consentito di produrre i dati relativi all’Oasi Le Bine ( 45° 08' 16"  N; 10° 25' 32"  E ) applicando un algoritmo a medie pesate con peso inversamente proporzionale al quadrato delle distanze.

La figura 1 presenta il diagramma di Walter e Lieth che sintetizza l’andamento mensile della temperatura media e delle precipitazioni sul periodo 1951-2009. Il fatto che la linea delle precipitazioni non scenda mai al di sotto di quella delle temperature indica l’assenza di un periodo di aridità accentuata.

Si noti anzitutto che la temperatura media annua dell’Oasi è di 12.8°C e le precipitazioni totali medie annue sono di 829 mm.

Considerando i dati medi annuali di temperatura massima, minima e precipitazione si è attuata su queste serie un’analisi di discontinuità secondo il metodo proposto da Bai e Perron (2003) servendosi della libreria Strucchange di R statistics (R Development Core Team, 2004) e del software AnClim (Stepanek, 2006). Tale analisi consente di individuare cambiamenti significativi (al 95%) nei valori medi all’interno di una serie temporale (tabella 1).

In particolare per le temperature massime si sono individuati tre periodi stazionari (figura 2): il primo (1951/1987) con temperatura media di 17.2°C, il secondo (1988/1996) con temperatura media di 17.9°C ed il terzo (1997-2009) con temperatura  media di 19.0°C.

Per quanto concerne le temperature minime i periodi individuati sono sempre tre ma con differenze nei valori medi molto meno marcate. Si possono notare due periodi (figura 3): 1951/1961 e 1971/2009 con valori medi praticamente identici (8.2°C) intervallati dal periodo più freddo 1962/1970, con media termica di 7.5°C.

La serie temporale delle precipitazioni è sostanzialmente divisibile in due parti (figura 4): 1951/1979 e 1980/2009; la seconda con un valore pluviometrico medio di circa 60 mm inferiore al primo.

Considerando la frequenza degli eventi precipitativi mensili (>1mm) divisi per classi nei due periodi sopraccitati si può notare una lieve diminuzione nel numero di episodi di  scarsa e normale intensità (classi 1-5 mm/giorno e 5-15 mm/giorno) mentre negli eventi di moderata ed estrema entità non sono individuabili differenze degne di nota (figura 5).

Tenendo conto delle discontinuità individuate nelle serie temporali annuali di temperatura minima, temperatura massima e precipitazione, si è proceduto anche ad un’analisi stagionale dei dati (tabella 1).

Da queste ultime emerge che per le temperature massime le stagioni che mostrano un incremento più sensibile del periodo 1997-2009 rispetto al periodo base 1951-87 sono la primavera e l’estate, mentre in autunno ed inverno gli incrementi appaiono meno marcati. Per quanto concerne i valori delle temperature minime, ad eccezione di un calo durante gli anni ’60, non si riscontrano variazioni significative.

A passo stagionale, le precipitazioni mostrano differenze trascurabili in primavera ed autunno mentre cali lievemente più marcati si osservano in inverno ed in primavera.

 

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