Approfondimenti

Aspetti idrobiologici

La palude di Le Bine è stata oggetto di due indagini sugli aspetti idrobiologici:

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Ringraziamenti

La maggior parte dei testi utilizzati in questo sito sono tratti dal volume "La Conservazione di una zona umida - la riserva naturale Le Bine, trent'anni di gestione (1972-2002)" a cura di Andrea Agapito Ludovici e Francesco Cecere. Edito dal Parco Oglio Sud in collaborazione con il WWF e con il contributo dell'Amministrazione provinciale di Mantova. Per riceverne una copia contattare Francesco Cecere, tramite l'apposito form di contatto.
Sono state inoltre utilizzate le schede e il materiale per la didattica e gli studi realizzati dopo la pubblicazione del volume.

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Tutela e gestione

La conservazione dell’ambiente naturale palustre è il principale filo conduttore della tutela di Le Bine. Le numerose indagini svolte dalla fine degli anni settanta hanno consentito l’individuazione dei cambiamenti ambientali in atto (estinzione di alcune specie e comparsa di altre, dinamiche di popolazione, ecc.) e delle caratteristiche ecologiche emergenti 20 . Fin dall’inizio è apparso chiaro che la conservazione del patrimonio biologico di questa palude, come per molte altre zone simili, fosse direttamente condizionato dal contesto territoriale in cui è inserita. Si tratta, infatti, di un lembo relitto nella Pianura Padana, uno dei territori maggiormente antropizzati dell’intera Europa. L’isolamento, l’esiguità dell’area naturale, le caratteristiche dinamiche ed evolutive tipiche delle zone umide (es. processi di interramento, esondazioni, ecc.) e l’inquinamento di specie esotiche invasive, sono tra le cause principali della vulnerabilità del patrimonio biologico di Le Bine.

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Agricoltura

L’area di rispetto della Riserva è quasi interamente occupata da colture arboree, da un frutteto e da un piccolo orto.

Il passaggio da un’azienda con più colture (seminativi, vigneto, pioppeto) ad una conduzione pressoché monospecifica con impianti a pioppo è avvenuta negli anni ’50. 
Fino al 2000 la gestione del pioppeto si è svolta con un impostazione tradizionale: nessuna rotazione fra i turni di coltivazione (circa decennali), ampio ricorso alle lavorazioni meccaniche del terreno (che determinano la frantumazione e il rimescolamento del primo strato di suolo) e trattamenti a calendario per contrastare alcuni insetti (in particolare Saperda carcharias, un coleottero che negli stadi larvali si sviluppa in gallerie scavate nel tronco dei pioppi). In uno studio commissionato dal WWF redatto nei primi anni ’90, si erano ipotizzati alcuni interventi (inseriti poi nel primo piano di gestione della Riserva) per ridurre l’impatto ambientale della pioppicoltura, rimasti però sostanzialmente lettera morta, a causa dei non ancora definiti rapporti con la proprietà su queste problematiche. 
Nel 2000, grazie alla disponibilità dell’azienda agricola proprietaria dell’area e con la promozione del Progetto Agricoltura del Parco Oglio Sud, è stato possibile adottare alcune delle misure previste e attuarne di nuove. In particolare, è stata posta molta attenzione all’uso di prodotti di sintesi per la pioppicoltura ed alle lavorazioni meccaniche dei terreni. Rispetto all’insetticida normalmente usato (un organofosforico a base di clorpirofos metile e di cipermetrina) per contrastare la presenza di Saperda carcharias, nei primi anni di vita delle piante, si è adottato un metodo di distribuzione che prevede una drastica riduzione delle quantità distribuite e una trascurabile dispersione nell’ambiente (dall’uso di circa 1 litro di prodotto per 400 piante si è passati ad un litro per oltre 10.000 piante). 
Rispetto alle lavorazioni meccaniche invece si è stabilito di effettuare due lavorazioni/anno nel pioppeto più giovane ed una sola in quelli più maturi. Sempre per minimizzare l’impatto delle lavorazioni meccaniche si è previsto di effettuare le medesime operazioni a fasce alterne lavorate a distanza di 15 giorni.

Tutto questo fino al 2008 quando è stato tagliato l'ultimo lotto di pioppeto estensivo. Da allora le uniche coltivazioni a Le Bine sono state quelle arboree ad eccezione di un frutteto di circa 5.000 mq messo a dimora nel 2010 e di un orto di circa 5.000 mq. Entrambi utilizzati per le necessità dell'agriturismo e per i quali è stato avviato l'iter per il riconoscimento come colture biologiche. Per l'orto il processo di certificazione è stato completato nel 2012 per il frutteto lo è diventato nel luglio del 2013.

Il frutteto è stato realizzato con vecchie cultivar (varietà) locali o meglio tipiche della pianura.

Negli inverni 2011-'12 e 2012-'13 sono stati realizzati altri rimboschimenti in buona parte con i fondi del Piano Sviluppo Rurale, in misura minore con un contributo della COOP Italia al WWF che contribuiranno ad aumentare la parte forestata della riserva.

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Aspetti geologici

Aspetti geologici, pedologici, idrologici

Geologicamente la Pianura Padana è un bacino subsidente colmato con sedimenti prevalentemente terrigeni del Pliocene-Quaternario provenienti dall’erosione delle Alpi e degli Appennini. Nel contesto territoriale in cui è inserita Le Bine, sono state effettuate da parte dell’Agip, prevalentemente nel secondo dopoguerra (anni ’40-’50) molte perforazioni che hanno messo in evidenza una dorsale regolare, lunga 35 km, con asse orientato NO-SE con forte inflessione verso N-NO nella porzione occidentale e S-SE in quella orientale. Ciò potrebbe spiegare l’andamento attuale dell’Oglio nel tratto inferiore, sospinto ad est e subparallelo al Po. Dalla stratigrafia dei pozzi Piadena 5 e Piadena 18 si è potuto rilevare l’esistenza di una serie di grosse bancate sabbiose fino ad oltre 2.500 m di profondità, corrispondenti al Quaternario marino ed al Pliocene superiore. Dal Pliocene superiore a quello inferiore la serie risulta più varia, con prevalenza di livelli argillosi cui sono intercalati irregolari e discontinui livelli porosi. La zona in oggetto è interessata da alluvioni attuali e medio-recenti dell’Olocene costituite prevalentemente da depositi sabbioso-argillosi, con sporadiche intercalazioni di ghiaia, terrazzati e di poco sospesi sugli alvei attuali, tuttora esondabili. Dal punto di vista geomorfologico il territorio si presenta subpianeggiante, poco ondulato, leggermente degradante verso E o talora verso S-E. L’intera morfologia della zona in questione è dovuta all’incisiva azione del fiume Oglio (ed in parte del “canale” Delmona) che, seguendo un tipico andamento meandriforme, ha più volte cambiato il suo corso. La piccola parte di Riserva posta a sud dell’argine è caratterizzata da suoli moderatamente profondi a causa delle oscillazioni della falda intorno ai 100 cm, idromorfi, a drenaggio lento o molto lento; hanno buon contenuto di sostanza organica e sono poco evoluti, con scarsa differenziazione degli orizzonti. La restante zona, che fiancheggia la lanca all’interno dell’argine, è un’area golenale soggetta a periodiche inondazioni; i depositi sono calcarei, alcalini o subalcalini, con profili eterogenei, a granulometria variabile da limosa a sabbioso-limosa per il continuo apporto di sedimenti fluviali. I suoli sono profondi o moderatamente profondi, talvolta limitati da strati sabbiosi, drenaggio da buono a rapido; nei periodi di piena questi suoli possono essere interessati da una falda temporanea di subalveo. Il periodico apporto di sedimenti e la giovane età dei depositi non permettono lo sviluppo di orizzonti pedogenetici. Il livello delle acque della palude dipende essenzialmente dal fiume, che alimenta la zona umida attraverso alcune infiltrazioni sotterranee, favorite in alcuni punti dalla tessitura a strati del terreno. Appena sotto lo strato più recente di deposizione organica si alternano fasce a varia permeabilità: con prevalenza di sabbie, con sabbie miste ad argilla, con argilla, con sabbie miste a ghiaia. Rispetto alle esondazioni e alla loro probabile influenza sul patrimonio naturalistico della Riserva sono state avanzate alcune considerazioni. A partire dal 1993 si sono registrati cinque eventi alluvionali (1993, 1996, 1997, 2000, 2002) con intensità caratteristica di esondazioni che statisticamente ricorro-no con una frequenza superiore al decennio (il cosiddetto tempo di ritorno); si tenga inoltre presente che gli attuali regimi estivi di magra sono condizionati dall’abbassamento dell’alveo dell’Oglio testimoniato dall’emersione di parte delle fondamenta del ponte tra Calvatone ed Acquanegra sul Chiese. Questo aumento delle condizioni “estreme” tende a prolungare alcune condizioni sfavorevoli alla biocenosi palustre originaria: infatti, a seguito delle piene, i tempi d’inondazione si sono prolungati in ampie aree che precedentemente erano meno soggette a questo fenomeno; i periodi di magra sembrano prolungarsi e, a causa del letto del fiume più basso di quello della palude, tendono ad accentuare il drenaggio delle ac-que favorendo fenomeni di ruderalizzazione 7 soprattutto della vegetazione. Sembra che sia riferibile a queste condizioni idrologiche la ridotta ripresa del canneto (fragmiteto) avvenuta nel 2001 e la quasi totale scomparsa della vegetazione a Ceratophyllum demersum che si è registrata dal 1999: tale situazione sembra confermata dal fatto che alcuni stagni compresi nell’area protetta, ma situati oltre gli argini maestri e quindi fuori dal diretto influsso del regime fluviale, non presentano questi problemi.

Nota: Per ruderalizzazione si intende un fenomeno di degrado ambientale dovuto ad un’intensa attività umana e che provoca un impoverimento di sostanza organica; si tratta per lo più di piccoli incolti utiliz-zati per l’abbandono di materiale inerte (calcinacci e rottami di origine edile), dominati da una vegeta-zione avventizia, con specie infestanti e comunque sinantropiche.

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Il clima

Inquadramento climatico generale

 

L’Oasi WWF Le Bine è inserita nel cuore del bacino padano, enorme catino aperto verso est e delimitato a nord dalla Catena alpina e a sud da quella appenninica. Ne deriva un clima a continentalità smorzata con caratteristiche intermedie tra il clima dell’Europa Centrale (clima mesotermo senza siccità estiva - Cfb secondo Koeppen), e il clima Mediterraneo (clima mesotermo con siccità estiva - Csa secondo Koeppen), (Strahler & Strahler 2005).

Essendo il bacino padano posto alle medie latitudini è esposto all’apporto di masse d’aria di origine diversa ed in particolare:

  • masse d’aria artica, fredda in tutte le stagioni e da cui l’area padana è relativamente protetta per l’azione delle Alpi
  • masse d’aria polare continentale di origine siberiana, la più fredda in assoluto in inverno
  • masse d’aria polare marittima che ha origine in Atlantico a circa 50-60° di latitudine Nord, mite in tutte le stagioni ma di norma più fredda dell’aria presente nel Mediterraneo, per cui il suo arrivo è in grado di originare discontinuità frontali
  • masse d’aria subtropicale, caldo torride in tutte le stagioni.

Tali masse d’aria possono giungere nella nostra area per effetto della circolazione atmosferica, che è classificabile secondo tipi circolatori caratteristici, fra i quali si rammentano in particolare i tipi anticiclonici (es: grandi aree anticicloniche, promontori anticiclonici), le saccature atlantiche (depressioni a forma di V associate alle grandi correnti occidentali), i cicloni del mediterraneo (es: ciclone di Genova) e le correnti di foehn innescate dall’interazione fra le grandi correnti occidentali e la catena delle Alpi.  La frequenza dei diversi tipi di tempo è fortemente variabile di anno in anno in quanto governata dalla circolazione atmosferica a macroscala; è possibile tuttavia osservare che in un anno si riscontrano grossomodo 180-200 giorni/anno di tempo anticiclonico e 80-90 giorni/anno di tempo ciclonico mentre i restanti giorni presentano caratteri di transizione fra ciclonico e anticiclonico (Ambrosetti et al., 2005).

Il regime termico mostra un minimo nel mese di gennaio e un massimo estivo nel mese di luglio. Le precipitazioni mostrano invece un massimo principale in ottobre ed un massimo secondario a maggio; molto interessanti dal punto di vista diagnostico si rivelano inoltre il minimo principale ricadente in inverno, sintomo dell’influsso del regime pluvimetrico oceanico dell’area centro-europea ed il minimo pluviometrico secondario in estate (luglio), segnale di mediterraneità. Da rilevare inoltre la buona piovosità propria dei mesi estivi di giugno ed agosto e che deriva dai frequenti episodi temporaleschi.

L’impronta più marcata al regime dei venti è data dalle circolazioni di brezza (venti deboli con componente diurna da est-sudest e componente notturna da ovest-nordovest) che interessano l’area nei 180-200 giorni di tempo anticiclonico con stabile e soleggiato. Venti da deboli a moderati in prevalenza da est-sudest caratterizzano invece le fasi di tempo perturbato (ciclonico) ed infine ventosità forte caratterizza le circolazioni di foehn, che insistono mediamente sull’area per 15-20 giorni l’anno (Ambrosetti et al., 2005).

Il regime della copertura nuvolosa manifesta due massimi in coincidenza con i massimi pluviometrici primaverili e autunnali e la vicinanza delle Alpi garantisce una consistente varietà di formazioni nuvolose che vanno dalle nubi basse (cumuli, strati, stratocumuli) a quelle medie (altocumuli, altostrati) a quelle alte (cirri, cirrocumuli e cirrostrati) dando luogo a paesaggi atmosferici di grande suggestione.

 

Analisi termo-pluviometrica sul periodo 1951-2009

Per questo lavoro si è considerato l’insieme delle stazioni meteorologiche che ricadono nel territorio della Lombardia cui si sono aggiunte alcune stazioni al contorno.  Si tratta di stazioni che per il periodo 1951 – 2007 afferiscono al dataset del progetto RICLIC-WARM * mentre dati aggiuntivi per il periodo 2008 e 2009 sono stati acquisiti dalla banca dati di CRA Cma riferita a stazioni meteorologiche del CRA stesso e del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica  Militare.

L’elaborazione eseguita sui dati giornalieri del dataset in questione ha consentito di produrre i dati relativi all’Oasi Le Bine ( 45° 08' 16"  N; 10° 25' 32"  E ) applicando un algoritmo a medie pesate con peso inversamente proporzionale al quadrato delle distanze.

La figura 1 presenta il diagramma di Walter e Lieth che sintetizza l’andamento mensile della temperatura media e delle precipitazioni sul periodo 1951-2009. Il fatto che la linea delle precipitazioni non scenda mai al di sotto di quella delle temperature indica l’assenza di un periodo di aridità accentuata.

Si noti anzitutto che la temperatura media annua dell’Oasi è di 12.8°C e le precipitazioni totali medie annue sono di 829 mm.

Considerando i dati medi annuali di temperatura massima, minima e precipitazione si è attuata su queste serie un’analisi di discontinuità secondo il metodo proposto da Bai e Perron (2003) servendosi della libreria Strucchange di R statistics (R Development Core Team, 2004) e del software AnClim (Stepanek, 2006). Tale analisi consente di individuare cambiamenti significativi (al 95%) nei valori medi all’interno di una serie temporale (tabella 1).

In particolare per le temperature massime si sono individuati tre periodi stazionari (figura 2): il primo (1951/1987) con temperatura media di 17.2°C, il secondo (1988/1996) con temperatura media di 17.9°C ed il terzo (1997-2009) con temperatura  media di 19.0°C.

Per quanto concerne le temperature minime i periodi individuati sono sempre tre ma con differenze nei valori medi molto meno marcate. Si possono notare due periodi (figura 3): 1951/1961 e 1971/2009 con valori medi praticamente identici (8.2°C) intervallati dal periodo più freddo 1962/1970, con media termica di 7.5°C.

La serie temporale delle precipitazioni è sostanzialmente divisibile in due parti (figura 4): 1951/1979 e 1980/2009; la seconda con un valore pluviometrico medio di circa 60 mm inferiore al primo.

Considerando la frequenza degli eventi precipitativi mensili (>1mm) divisi per classi nei due periodi sopraccitati si può notare una lieve diminuzione nel numero di episodi di  scarsa e normale intensità (classi 1-5 mm/giorno e 5-15 mm/giorno) mentre negli eventi di moderata ed estrema entità non sono individuabili differenze degne di nota (figura 5).

Tenendo conto delle discontinuità individuate nelle serie temporali annuali di temperatura minima, temperatura massima e precipitazione, si è proceduto anche ad un’analisi stagionale dei dati (tabella 1).

Da queste ultime emerge che per le temperature massime le stagioni che mostrano un incremento più sensibile del periodo 1997-2009 rispetto al periodo base 1951-87 sono la primavera e l’estate, mentre in autunno ed inverno gli incrementi appaiono meno marcati. Per quanto concerne i valori delle temperature minime, ad eccezione di un calo durante gli anni ’60, non si riscontrano variazioni significative.

A passo stagionale, le precipitazioni mostrano differenze trascurabili in primavera ed autunno mentre cali lievemente più marcati si osservano in inverno ed in primavera.

 

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Dall'epoca romana ai giorni nostri

Maggiori notizie su Le Bine e zone limitrofe vi sono dal Medioevo, quando nei territori limitrofi all’odierna Riserva naturale nacquero centri religiosi come il Monastero di S. Tommaso in Acquanegra sul Chiese e a Calvatone il Monastero dei Francescani minori osservanti di S. Maria.

Uno dei monasteri più importanti, che influì notevolmente sullo sviluppo di queste zone, fu quello di S. Giulia in Brescia, che aveva ricevuto dal re longobardo Desiderio e da principi e vescovi larghe donazioni di terreni che si estendevano dalla Valle Camonica alla pianura bresciana fino alle sponde dell’Oglio e del Po e da Piacenza a Sermide e Gonzaga. Molti di questi possedimenti furono in seguito ceduti dal monastero alle popolazioni locali, così il 2 ottobre 1462, la comunità di Calvatone entrò in possesso di un “bunchiello” (imbarcazione) sull’Oglio poco lontano dal centro abitato. L’Oglio, che segnava il confine tra il ducato di Mantova e di Milano, formava tra Acquanegra sul Chiese e Calvatone un ampio meandro. A monte di quest’ansa, sulla sponda cremonese, c’era il porticciolo di Calvatone, un altro era ubicato un po’ più a valle, all’uscita del meandro, sulla sponda mantovana. Da una relazione datata 11 febbraio 1788, probabilmente scritta da un incaricato del governo austriaco, si viene a sapere che i due imbarcaderi, probabilmente in competizione tra loro per il trasporto di materiale, animali e uomini e per i relativi pedaggi imposti, avevano provocato una lunga serie di controversie tra Calvatone e le autorità. Tra il XVI e XVII secolo la superficie agraria calvatonese era occupata in gran parte da campi coltivati di vario genere, da vigneti e da prati. Per il resto vi erano incolti, pascoli e boschi; questi ultimi, in maggioranza saliceti (con pioppi ed ontani), venivano “gabbati”, cioè potati per evitare che si sviluppassero troppo in altezza e per utilizzare i rami elastici e sottili delle “gabbe dei salici” per operazioni di legatura della vite.

Tra il 1714 ed il 1797, sotto il governo austriaco, furono eseguite numerose opere di regimazione delle acque. Parallelamente furono redatte numerose ed accurate carte catastali. L’intera ansa di “Le Bine” subì un’enorme modifica, documentata da una serie di mappe dal 1751 in poi. “Nel 1790-91 l’impresario di lavori pubblici Giovanni Battista Locatelli eseguiva il rettifilo del fiume Oglio, che correva a curve e svolte pericolosissime per i continui franamenti dell’argine. Così restava tutta sulla sponda destra quella parte del territorio comunale che si chiama Bine di Acquanegra la quale, posta tra l’Oglio vivo messo su un nuovo letto e l’Oglio morto, l’antico letto, è ora vicinissima a Calvatone cremonese e per tutte le ragioni le dovrebbe appartenere”. La mappa del 1751 ci mostra come l’Oglio seguisse ancora il vecchio corso; inoltre in questa cartina è disegnata la cascina di “Le Bine” (“cassina detta delle Bine”). Nel 1786 venne affidato a G.B. Locatelli, come sopra accennato, l’incarico di formare due rettifili in territorio di Acquanegra sul Chiese e Canneto sull’Oglio. Tre anni dopo vennero emesse delle disposizioni per garantire a Calvatone l’uso del porticciolo di Acquanegra sul Chiese, dato che quello del comune cremonese sarebbe rimasto isolato a causa della costruzione dei rettifili. Poco dopo iniziarono i lavori e nel 1795, come mostra la cartina eseguita da Federico Villa, era già stato costruito il canale che collegava le due estremità del meandro. La piantina successiva, del 1808, mostra l’Oglio più o meno come appare ancora ai nostri giorni: con il meandro abbandonato detto “Oglio morto”, che è la parte principale dell’attuale Riserva naturale.

Nel corso del XVII e XVIII secolo l’agricoltura padana andò verso un’evoluzione progressiva seguita di pari passo dal miglioramento del sistema irriguo. Vennero ampiamente diffuse le colture del gelso, le risaie, i prati artificiali, asciutti ed irrigui, le foraggere, la canapa ed il lino. Alla fine dell’800 alcune zone di Calvatone furono prosciugate, come av-venne per la Regona, un’ampia zona umida acquitrinosa, che fu “salvata dalle acque sorgive”; anche l’“Oglio morto” sarebbe dovuto essere bonificato “per migliorare la salute pubblica”. Scrive infatti Sanfelice nel 1909: “..la bonifica cioé il prosciugamento dell’Oglio morto, è, e sarà – Dio sa per quanto tempo – un pio desiderio essendo la palude di proprietà privata e la popolazione calvatonese ne subirà i miasmi mefitici ed i danni igienici per secoli e secoli”. È passato quasi un secolo e le cose sono molto cambiate: le paludi non sono piu considerate luoghi “mefitici”, ma è stata riconosciuta la loro importanza da un punto di vista idrogeologico, naturale e culturale. Esse sono infatti rari relitti, testimoni di un passato ambientale ormai scomparso: per fortuna le speranze del Sanfelice, peraltro comprensibili per il suo tempo, non si sono concretizzate. Nell’area delimitata dal meandro e dal fiume si sono succedute diverse coltivazioni agricole fino agli attuali impianti a pioppo. Vi è ancora la cascina che ha subito diverse modifiche nel tempo e che deve l’origine del suo nome a bina “che in Lombardia significa “riparo, palafitta e chiusa’”.

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Turismo in bici

Le Bine si trova in un'ottima posizione per fare passeggiate in biciletta. 
Infatti partendo da Le Bine si possono utilizzare gli argini dell'Oglio in riva sinistra e destra sia verso monte che verso valle con passeggiate facili e della lunghezza desiserata. 
La provincia di Mantova ha pubblicato una cartina in scala 1:150.000 con la rete degli itinerari ciclabili del mantovano. 
In questa pagina presentiamo la parte relativa agli itinerari realizzabili a partire da Le Bine. Per ricevere copia della cartina potete contattare: 
Ufficio provinciale informazioni turistiche di Mantova - Piazza Mantegna, 6 - tel. 0376.328253 - fax 0376363292 - mail  info@turismo.mantova.it - WEB: www.turismo.mantova.it

Il Parco regionale Oglio sud ha realizzato un percorso ciclabile in destra Oglio da Ostiano alla foce.

In cascina abbiamo installato un pannello di grande dimensione che riproduce il percorso, e sono disponibili delle cartine. (v. immagine sotto).

Altrimenti potete rivolgervi al Parco dell'Oglio Sud  www.ogliosud.it tel. 037597254  info@ogliosud.it

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